Vero all’alba ( e falso al tramonto)

Alcuni anni or sono ho svolto alcune riflessioni sulla nostra Professione, che Vi riporto nel seguito e dopo le quali, se avrete pazienza di lettura, potrete riscontrare un breve attuale commento.

 

VERO ALL’ALBA ( E FALSO AL TRAMONTO)

 

Poco più di una decina di anni or sono è stato pubbblicato , a cura del figlio Patrick, un romanzo inedito di Ernest Hemingway dal titolo ” Vero all’alba “, con le abituali atmosfere africane del grande scrittore. Il senso del titolo è precisato dallo stesso Autore, che ci dice che ” In Africa una cosa è vera all’alba e falsa a mezzogiorno “, per la singolare mutevolezza di quella terra straordinaria.

            Absit iniuria verbis, ma credo che potremmo trovare una sorta di corrispondenza, in quella affermazione, con la situazione nella quale vengono a trovarsi gli Ingegneri e gli Architetti Liberi Professionisti in Italia.

            L’entusiasmo, la volontà, la consapevolezza delle proprie capacità all’inizio delle proprie attività professionali, quando si crede di poter dare un contributo, se non importante, almeno   apprezzato, in senso lato, dalla Collettività, non trovano riscontro con il trascorrere degli anni ed al termine del proprio percorso. Ciò che si pensava o si voleva credere vero all’alba, si dimostra falso al tramonto.

            Con una valutazione superficiale ed auto assolutoria potremmo imprecare contro il destino cinico e baro, chiamare in causa il mondo che è cambiato, le difficoltà economiche di carattere planetario o la globalizzazione, l’aggressività del Far East e quant’altro, pur vero, esterno alla nostra volontà. Ma  credo che non saremmo onesti con noi stessi se trascurassimo le responsabilità che abbiamo singolarmente e collettivamente in questa vicenda.

            Responsabilità che vanno ricondotte alla mancanza di consapevolezza del nostro ruolo, che non abbiamo sostenuto e valorizzato nei rapporti esterni, rassegnandoci ad essere una categoria sostanzialmente subalterna.

            Gli Ingegneri e gli Architetti sono impegnati da sempre nella tutela dell’ambiente e del territorio, nel cercare di assicurare le migliori condizioni di vivibilità negli ambiti civile ed industriale, nello studiare e realizzare condizioni di sicurezza sempre maggiori in ogni settore ove si svolgano attività umane, nel fornire soluzioni a problemi, semplici o complessi, che riguardano la Collettività. In sostanza siamo tra i protagonisti, a pieno titolo e con tutte le conseguenti responsabilità, del progresso sociale, culturale ed economico della nostra Società. E tuttavia la valorizzazione del nostro ruolo appare inversamente proporzionale alla sua indiscutibile importanza. Cresce così il nostro senso di frustrazione, che provoca una sorta di rigetto per un’attività, che tuttavia ancora ci attrae e ci coinvolge.

            Bisogna dunque trovare le ragioni della nostra acquiescenza, della passiva accettazione di un’identità minore e dell’atteggiamento di timida rassegnazione, che ci contraddistinguono.

            Le forti analogie di importanza e pubblica rilevanza tra la nostra attività ed altre attività professionali non trovano riscontro in analoghe conseguenze. Alcune riflessioni possono fornire la chiave interpretativa di questa anomalia.

 

            Le altre categorie, pur in presenza di differenziazioni settoriali, sono sostanzialmente compatte nell’affermazione del proprio status, perché le forme nelle quali le loro attività vengono esplicate non contengono caratterizzazioni divaricanti, cioè prevalgono gli elementi che uniscono su quelli che dividono; è vivo e ben presente il cosiddetto spirito di corpo , il fare lobby, come si dice oggi.

            Nel nostro caso abbiamo da un lato i Liberi Professionisti e dall’altro i Dipendenti, che a loro volta si differenziano in Docenti, subordinati nelle Pubbliche Amministrazioni e subordinati nelle Aziende private. Non vi è alcuna coincidenza di interessi in queste sub categorie, anzi assai spesso – è il caso Liberi Professionisti/Pubblici Dipendenti – vi è una conflittualità latente, ma reale. Le lauree in ingegneria ed architettura non costituiscono di per sé elemento di unità: le diverse collocazioni nell’esercizio delle proprie attività identificano in sostanza diversi soggetti professionali, con interessi diversi, se non contrastanti.

            Questa situazione certamente non determina quella compattezza, che genera identità e conseguentemente visibilità di una categoria. La Collettività individua chiaramente le diverse soggettività, che le impediscono la percezione di un’unica categoria ed anzi le indicano in modo più o meno palese una forte concorrenzialità interna. In questo modo è di tutta evidenza che si fa strada nel Committente la convinzione di poter raggiungere il proprio obiettivo sostenendo l’onere economico minore possibile, sfruttando la competizione interna al ribasso.

 

            Il grado di sindacalizzazione è il secondo e determinante elemento discriminate. Da sempre noi Ingegneri ed Architetti viviamo la nostra attività lavorativa professionale come racchiusi in una sorta di torre eburnea della conoscenza tecnica, disdegnando l’adesione a forme associative sindacali, che ci appaiono come organizzazioni non consone al nostro status: la rivendicazione sindacale sembra non appartenere alla nostra forma mentis, impegnati come siamo nell’affrontare problemi, che riteniamo essere – ed invero sono – di ben altro spessore culturale. E’ un retaggio che trae origine da un epoca, non tanto lontana, nella quale l’Ingegnere e l’Architetto potevamo permettersi un simile atteggiamento, trovando nell’opinione pubblica una sorta di rispetto e di riconoscimento “naturale” del ruolo, con conseguenti ricadute economiche.

            In sostanza abbiamo fermato il tempo a diversi decenni or sono, ciò che non hanno certamente fatto altre categorie professionali, che ben hanno capito i cambiamenti sociali, culturali ed economici  avvenuti ed hanno adeguato i loro comportamenti alle mutate condizioni della nostra Società. Si sono pertanto organizzati sindacalmente in modo conseguente, utilizzando ogni relativo strumento, non trascurando nemmeno l’esercizio del diritto di sciopero (Medici, Avvocati e persino Magistrati).

            Noi continuiamo a trascurare l’azione sindacale, come se nel taschino della giacca avessimo ancora il regolo calcolatore, mentre nei nostri Studi sono presenti le tecnologie più avanzate ed un’organizzazione del lavoro del tutto in sintonia con i più efficienti sistemi produttivi.

            Questa situazione è gravemente penalizzante dei nostri interessi, che non potranno mai essere difesi senza il conferimento di rappresentanza agli Organismi Sindacali.

 

            Siamo dunque in presenza di una categoria frammentata e che, nella componente libero professionale, sembra sostanzialmente rifiutare di farsi rappresentare sindacalmente, quasi fosse una diminutio del proprio status, che in realtà non esiste più.

 

            Dobbiamo assolutamente reagire, proprio in forza della coscienza della nostra indispensabilità nei processi di sviluppo. Dobbiamo segnalare la nostra specificità di Liberi Professionisti ed affermare l’importanza fondamentale delle nostre attività, anche in termini economici, per il nostro Paese. L’Associazione Sindacale  può e deve svolgere queste funzioni, convincendo i colleghi ad abbandonare posizioni di disinteresse autolesionistico e persuadendoli che solo attraverso azioni concertate ed organizzate si può incidere nel tessuto sociale e con le controparti pubbliche e private.

            Inarsind cercherà di impegnare le proprie energie nel raccogliere i più ampi consensi ed adesioni, realizzando momenti di partecipazione ed aggregazione diffusi; ma certo ciascuno di noi dovrà fare la propria parte, abbandonando le posizioni di isolamento ed individualiste, che ci hanno sin qui contraddistinti.

            Non abdichiamo al nostro ruolo, ma raccogliamoci nel Sindacato, per riaffermarlo con forza e per dargli la valorizzazione che merita. Cerchiamo di porre in atto ogni sforzo affinchè sia vero anche al tramonto quanto par vero all’alba.

 

Ecco allora il mio breve commento. Che cosa è cambiato per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti Italiani da quando ho svolto quelle considerazioni? Riscontriamo “convergenze” con i Pubblici Dipendenti? Abbiamo ottenuto il “rispetto” della Committenza? Sono migliorate le nostre condizioni professionali? Abbiamo finalmente compreso l’importanza della “partecipazione”? A Voi le risposte. Il mio pensiero odierno è il seguente: non è necessario attendere il tramonto per verificare quanto sia falso ciò che si credeva vero all’alba: è sufficiente qualche ora, prima di mezzogiorno.

Francesco Basso

Vice Presidente Inarsind Nazionale

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