Demolire e ricostruire o ristrutturare?

Nella corsa contro il tempo per la salvaguardia del pianeta dagli effetti catastrofici di un inquinamento massiccio, la rotta intrapresa dalle Amministrazioni Pubbliche non sembra indirizzata verso una politica  mirata alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e attrazioni alle politiche ambientali. Produrre energia senza bruciare alcun combustibile e senza rilasciare CO2 nell’ambiente anche dove gli spazi per generare energia solare o eolica non lo consentono (centri storici) oggi si può fare!

L’obsolescenza del patrimonio edilizio, in Italia poco meno di trenta milioni di abitazioni per poco più di venticinque milioni di famiglie, in base ai numeri, rappresenta  argomento serio sul quale occorre confrontarsi. I 40-50 anni di durata di un edificio in c.a. sono scaduti, in particolare per quelle abitazioni realizzate nelle periferie oggi inglobate nei centri cittadini, realizzate in tutta fretta senza alcuna attenzione che si sono invecchiate molto più in fretta degli abitanti stessi.

L’incentivo del cd PIANO CASA è stato, a mio parere, mal recepito dalle Regioni (lo dimostra il bassissimo ricorso a questa procedura) per resistenze politiche, economiche, sociali e mediatiche che hanno finito per prevalere sugli aspetti tecnici. Una grandissima occasione di lavoro, soprattutto per i giovani, a costo zero per le Amministrazioni che, anzi potrebbero trarne grandi benefici (oneri urbanizzazione e altri) sono ostacolate con norme rigide, a volte incomprensibili, che non rendono economicamente incentivante l’intervento. Le mire urbanistiche sono indirizzate verso una contrazione dello sviluppo urbano sul territorio per non ridurre le quote di verde: ma se non è possibile demolire e ricostruire gli ingegneri e architetti che dovranno fare? I giovani dovranno limitarsi a qualche ristrutturazione? Demolire e ricostruire è un tema nuovo per l’Italia, ma non per l’Europa. Ma, si sa, per le innovazioni siamo spesso fanalino di coda.

E’ opportuno confrontarsi su alcuni temi che interferiscono direttamente sulle attività tecniche: i finanziamenti per lavori pubblici sono in netta diminuzione e saranno sempre meno se l’economia non riprenderà a dare segnali di concreta ripresa; le attività edilizie private sono ferme, imbrigliate in mille lacci e lacciuoli che allungano i tempi di inizio lavori a dismisura, con la conseguenza che si fanno solo opere minime con le DIA che sono diventate uno strumento di tortura anziché di facilitazione e snellimento come avrebbe voluto il legislatore. Allora perché le città non si dirigono verso una politica ambientalista in termini concreti? Occorre ricordare che demolire e ricostruire significa realizzare nuovi edifici in grado di resistere a un sisma, avere parcheggi interni (meno auto per strada) più verde, barriere al gas radon, presidi all’umidità per risalita della falda, consumare meno energia (gas, petrolio, elettricità): tutto questo vuol dire meno fumi (fattori inquinanti)  quindi migliore qualità dell’aria e della vita. Soprattutto quella degli abitanti che occupano le nuove costruzioni: accendere per un minor periodo (più del 50%, quasi il 70%) il riscaldamento o il raffrescamento grazie a un ottimo isolamento, vuol dire respirare meglio, esporsi meno a malattie dell’apparato respiratorio e, non ultimo, risparmiare sulle bollette gas e luce.

Le nuove costruzioni da edificare con materiali ecologici, riciclabili –sostenibili– ci consentirebbero di lasciare in eredità ai nostri figli, ai nostri posteri città migliori che mitigherebbero, almeno in parte, i grandi inquinamenti perpetratisi negli anni più per non conoscenza dei danni futuri che per precisa volontà, ma pur sempre presenti.

La demolizione e ricostruzione costa di meno di una ristrutturazione e comporta vantaggi nettamente migliori: lo ha confermato anche l’On.le Ermete Realacci, ancora oggi il numero uno dei verdi.

Oggi dobbiamo confrontarci con alcune, oramai ahimè, certezze: i fabbricati in calcestruzzo armato, soprattutto quelli costruiti nel periodo anni ’50 – ’80 ( c.a. non a resistenza, non controllati, acciai lisci non controllatri in stabilimento) si stanno deteriorando e i crolli saranno inevitabili o evitabili con costi altissimi e risultati appena accettabili.

In merito alla salvaguardia dell’architettura, spesso ingiustificate, mi sovviene una visita a Praga ove in mezzo a edifici di pregevolissima e raffinata architettura, nemmeno paragonabili ai nostri, il più fotografato edificio era quello modernissimo della ‘Casa Danzante’; senza arrivare agli eccessi di Parigi, notoriamente pervasa della migliore qualità architettonica d’Europa che ha raso al suolo un intero quartiere (con edifici anche pregevolissimi) per far posto al quartiere della ‘Defence’ che viene visitata da milioni di turisti all’anno che pagano per vedere i nuovi edifici nei quali sono state sperimentate nuovissime tecnologie.

Diamo un’occasione concreta ai giovani di lavorare e di migliorare la qualità del loro futuro

Ing. Maurizio Wiesel

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