ALA ASSOARCHITETTI e INARSIND ritengono necessario e urgente esprimere la loro motivata contrarietà verso alcuni aspetti fondamentali del correttivo al Codice dei contratti pubblici, approvato dal Consiglio dei ministri il 21 ottobre 2024 e più recentemente “bollinato”. L’auspicio è che nel corso del suo esame da parte del Consiglio di Stato, commissioni parlamentari e conferenza unificata possano trovare ascolto le considerazioni delle due compagini sindacali.
Il correttivo era stato preceduto da una ampia consultazione estiva, che aveva coinvolto oltre 90 tra operatori privati e soggetti pubblici, e aveva destato la speranza di poter pervenire ad un provvedimento effettivamente migliorativo e condiviso dalle parti sociali interessate. Le modifiche dovevano, infatti, garantire maggiore trasparenza e contemporaneamente maggior competitività nelle gare d’appalto. Riteniamo che questi obiettivi non siano stati raggiunti con il correttivo, che al contrario a nostro avviso ha inserito fattori d’incertezza e di riduzione della trasparenza dei procedimenti d’appalto, come dimostreremo sinteticamente nei paragrafi seguenti.
Non riteniamo di condividere la soddisfazione, da altre parti espressa, in merito alla modifica introdotta all’applicazione dell’equo compenso per l’affidamento degli incarichi esterni, nella disciplina dei contratti pubblici. L’equo compenso era stato un’introduzione fondamentale, faticosamente conquistata di recente, a garanzia di una maggiore trasparenza ed equità, in quanto escludendo i ribassi sui corrispettivi definiti in base ai parametri di riferimento, che sono fonte di compromissione della qualità del servizio o dell’opera, poneva l’accento esclusivamente sulla qualità del servizio. L’equo compenso rappresenta uno dei pilastri del sistema di attribuzione degli appalti di servizi, proprio perché è volto a garantire che i professionisti coinvolti negli appalti pubblici ricevano non soltanto un compenso adeguato, ma definito in misura univoca e certa, in modo di consentire la scelta esclusivamente sulla base della qualità del servizio proposto.
Il correttivo, al contrario, introduce un doppio meccanismo per gli affidamenti diretti e per le gare: nel primo caso, fissa il compenso minimo di fatto fissato all’80% del corrispettivo previsto, mentre nelle gare lo fissa al 65% del corrispettivo medesimo. Si tratta nei fatti di un autentico disconoscimento del principio stesso dell’equo compenso. E’ evidente infatti, e così è sempre stato, che la previsione di un ribasso ammesso “fino al” 20% significherà tout court l’offerta di uno sconto del 20% e che la possibilità di ribassare il 35% dell’importo di parcella nelle gare, avrà come esito il ribasso generalizzato del 35%.
Ancor più grave il fatto che il ribasso, nel secondo caso, avrà un peso anche nel punteggio da assegnare all’offerta economica pari a ben 30 punti su 100, a fronte di quello attribuitole ad oggi, che in genere varia dai 10 ai 20 punti. Chiediamo quindi che sia fatta chiarezza ed equità, con l’eliminazione di ogni possibilità di sconto sui parametri di riferimento, in modo che siano esclusivamente la qualità dell’offerta e la competenza del professionista, il fattore di determinazione della scelta.
Ignorando tutte le motivate critiche espresse nel corso delle consultazioni nei confronti dell’appalto integrato, il correttivo non ha introdotto alcuna limitazione nell’applicazione di questa formula, che in origine era stata addirittura vietata ope legis e giustificata in casi eccezionali e circoscritti, soltanto per l’applicazione ai lavori di altissimo contenuto tecnologico e alle circostanze di possesso di brevetti esclusivi.
Il permanere dell’appalto integrato, come metodo comune di appalto, sottende invece la rinuncia della P.A. alla scelta del professionista incaricato del progetto e pone nelle mani del costruttore la redazione del progetto esecutivo: instaura così un insanabile conflitto d’interessi, a tutto scapito della stazione appaltante e dell’interesse pubblico di pervenire alla qualità, durabilità ed economia d’esercizio dell’opera pubblica.
Chiediamo quindi che l’appalto integrato sia circoscritto esclusivamente alle situazioni di straordinaria complessità organizzativa e ai casi nei quali il possesso di brevetti altrettanto esclusivi, obblighi di fatto alla scelta predeterminata di uno specifico soggetto esecutore dell’opera.
L’articolo 59 de Codice non si coordina con il 58 che promuove – in aderenza ai principi europei – la suddivisione in lotti per favorire le imprese piccole e medie. Era stato previsto per soddisfare le esigenze di acquisto standardizzate, ma l’accordo quadro oggi viene ampiamente utilizzato per affidare i servizi di ingegneria e architettura che, per loro natura, sono servizi intellettuali e non standardizzabili, uscendo dal libero mercato e finendo in un mercato secondario dove i grossi player si aggiudicano gli accordi, per poi girarli, in lotti di ridotta dimensione, ai liberi professionisti.
Questa procedura può portare al mancato rispetto del principio dell’equo compenso, sul mercato secondario, e ad un conseguente impoverimento nel controllo della progettazione. Pertanto, chiediamo che il ricorso all’accordo quadro per l’affidamento dei servizi intellettuali sia strettamente limitato alle attività di manutenzione ordinaria, caratterizzate dall’essere fortemente ripetitive.
Nessuna modifica è stata inoltre prevista all’art. 114 del Codice e quindi resta l’esclusione dei liberi professionisti dalla D.L., se non dopo l’accertata impossibilità da parte della P.A. di procedere con propri dipendenti. Resta anche l’esclusione dei liberi professionisti dai collaudi, anche con la versione dell’art.116 del Codice, modificato dall’art. 33 del correttivo.
Questa formula instaura anch’essa un conflitto d’interessi interno alla P.A., da un lato incaricata della D.LL. e dall’altra del collaudo delle opere. Chiediamo pertanto che la D.LL. e i collaudi siano comunemente affidati separatamente a liberi professionisti competenti, nell’interesse della P.A. medesima.
Annotiamo le modifiche introdotte all’art. 100 del Codice, che allargano l’arco temporale per la dimostrazione dei requisiti tecnico professionali e finanziari per la partecipazione alle gare per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria. Tuttavia, ci sentiamo di affermare che la durata temporale dei requisiti appartiene all’esperienza complessiva e quindi all’intera carriera del libero professionista, del resto soggetto per obbligo deontologico al mantenimento costante dell’aggiornamento professionale.
Le norme vigenti dispongono che il progetto esecutivo sia validato da un soggetto o da un ente terzo, preventivamente all’indizione della gara d’appalto. E’ inoltre necessario e corrispondente all’interesse della P.A., che l’appaltatore effettui a sua volta in via preventiva l’esame della fattibilità tecnico-economica del progetto, in modo di consentire l’esecuzione dell’opera senza ritardi e contenziosi.
Il correttivo instaura al contrario un’incertezza dannosa per tutto il procedimento, in quanto legittima, se non suggerisce, il ricorso a posteriori all’espressione di riserve sulla idoneità del progetto esecutivo, che devono al contrario, se presenti, emergere assolutamente in via preventiva, nell’interesse di tutte le parti in causa.
Chiediamo di eliminare dal testo del correttivo le evidenti penalizzazioni previste per il progettista esterno, laddove all’art. 9, con l’inserimento del comma 8-bis all’art. 41 del D.lgs. 36/2023, si prevede che:
In caso di affidamento esterno di uno o più livelli di progettazione, i contratti di progettazione stipulati dalle stazioni appaltanti e enti concedenti prevedono in clausole espresse le prestazioni del progettista per errori o omissioni nella progettazione che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione. È nullo ogni patto che esclude o limita la responsabilità del progettista per errori o omissioni nella progettazione che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione.”;
e all’art. 34 del correttivo che introduce il 15 quater dell’art. 120 del Codice:
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 41, comma 8-bis, le stazioni appaltanti verificano in contraddittorio con il progettista e l’appaltatore errori o omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione e individuano tempestivamente soluzioni esecutive coerenti con il principio del risultato.”
Arch. Bruno Gabbiani ing. Carmelo Russo
(Pres.te Nazionale ALA) (Pres.te Nazionale INARSIND)