Il continuo attacco alle libere professioni è una storia che parte da lontano, da metà degli anni ottanta con l’Antitrust e le ideologie sempre in prima fila fino al “famigerato” Decreto Bersani che venne enfaticamente annunciato alla società civile come la “liberazione” dall’ oppressione dei vecchi e potenti professionisti su giovani, vecchi e bambini. In realtà il decreto che abolì sostanzialmente il divieto di derogare dai minimi tariffari, favorì unicamente banche, assicurazioni e grandi imprese, mentre nessun beneficio portò ai cittadini, agli Enti Locali, ai giovani, ai vecchi e ai bambini.
Nel 2012 attraverso il cosiddetto decreto “liberalizzazioni” il governo Monti completa il piano strategico di eliminazione dei liberi professionisti, teorizzato proprio da Monti stesso nel rapporto sui servizi interni redatto su incarico della Commissione Europea nel 2004.
E’ veramente singolare sentire dire che la ripresa economica dell’Italia si realizzi con l’eliminazione delle tariffe professionali, l’ingresso dei soci di capitali negli studi professionali e l’aumento delle licenze dei taxi.
Le tariffe, ma sarebbe meglio chiamarle compensi professionali o costo del lavoro per togliere quell’alone di rendita ottocentesca che la parola “tariffe” evoca, assicurano la parità di condizioni di trattamento e sono trasparenti. Esse indicano come si totalizza il compenso del professionista e quindi consentono al committente di misurarne l’affidabilità.
Con i Decreti Ministeriali n. 140 del 20 luglio 2012 e n. 143 del 31 ottobre 2013 nel nostro paese sono reintrodotte delle tariffe cosiddette “di riferimento” ma anche qui continuano a scontare un comportamento ideologico e disarmonico da parte dell’Antitrust che pare non aver colto il senso di quello che è avvenuto a seguito delle liberalizzazioni di Bersani.
L’abolizione delle tariffe non ha creato un mercato più concorrenziale ma più confuso, classista e dannoso per i cittadini. Questa riforma, contrariamente a quanto sostengono taluni, ignorantemente o in malafede, non ci è stata chiesta dall’Europa.
La stessa Corte di Giustizia Europea, come visto, ha confermato la rilevanza delle regole concernenti le professioni che svolgono un’attività strettamente correlata con gli interessi pubblici confermando, inoltre, la legittimità delle tariffe professionali, considerandole un mezzo per garantire il servizio reso ai cittadini dal punto di vista della qualità, dell’eguaglianza di trattamento e del dignitoso corrispettivo del lavoro professionale.
La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, oggi parte integrante del Trattato Costituzionale, protegge e tutela la libertà professionale insieme con il diritto al lavoro, quali espressioni della personalità dell’uomo, distinguendo inequivocabilmente la libera professione dall’impresa.
Con l’abolizione delle tariffe i liberi professionisti vengono a essere l’unica categoria di lavoratori (sia autonomi sia dipendenti) in Italia e in Europa, a non avere un criterio, nemmeno di riferimento, per la determinazione dei propri compensi professionali. Dall’ esame di tutto questo non si comprende come nel nostro paese si continui a operare una politica di “attacchi” e “disintegrazione” della struttura ordinistica e professionale di pressoché tutte le attività professionali.
Oggi dopo un lungo percorso, partito dal lontano 2006 e che ha portato all’approvazione dell’Art. 19-bis relativo all’equo compenso, proprio quando ci si avvia a rendere efficace il provvedimento procedendo alla revisione/abrogazione di quanto disposto dall’art. 2 del D.L. 4 luglio 2006 (decreto BERSANI), n. 223, convertito in l. 4 agosto 2006, n. 248 e dall’art 9 del D.L. 4 gennaio 2012 n. 1(decreto MONTI) , ecco che ritorna la “Santa Inquisizione” nelle vesti dell’ANTITRUST a “demonizzare “ i professionisti ed il loro lavoro (semmai ne fosse rimasto).
PAESE IN MANO ALLE BANDE ED IN PREDA A SCORRIBANDE!!!
architetto Matteo Capuani – Presidente Inarsind Frosinone –