Meglio un uovo oggi che la gallina domani?

In questo antico dilemma il succo della riforma previdenziale coll’adozione del sistema a ripartizione contributiva.

Inarcassa ha provveduto ad aggiornare il suo statuto ed ha adottato una riforma previdenziale in linea con le indicazioni della legge di riforma. Non si tratta di un cambiamento limitato all’adozione di un metodo di calcolo della pensione. Il succo della riforma, al di là degli aspetti specifici e senza scendere nei particolari tecnici, che la rendono equilibrata e dunque equa anche negli aspetti solidaristici, pone l’esigenza di una revisione strutturale anche dell’esercizio della professione. L’introduzione di un sistema a ripartizione contributiva richiede di porre l’accento su aspetti che con il sistema a ripartizione retributiva restavano relegati in secondo piano. Succintamente cerchiamo di elencarne alcuni. Innanzi tutto l’età media di ingresso nella professione. Il dato aggiornato al 2011, indica un’età media di primo ingresso nel sistema previdenziale della professione di circa trenta anni. Il sistema basato sulla ripartizione retributiva prevedeva una media dei redditi, per cui, pur entrando a tarda età, l’ingegnere o l’architetto libero professionista aveva a che fare con un sistema pensionistico che gli consentiva di avere una pensione con un tasso di sostituzione comunque accettabile e correlato coi suoi redditi, cioè con il suo stile di vita. Con l’adozione del sistema a ripartizione contributiva, un ingresso a trent’anni non è più tollerabile, poiché non esiste tecnicamente il tempo per costruire un montante che consenta di mantenere un tasso di sostituzione tale da essere sicuramente ritenuto accettabile. Ciò implica l’obbligo di lavorare fino a tarde età, che diventano problematiche per cause naturali e non facilmente compatibili con le condizioni ambientali in cui si svolge la professione. In altri termini, si rende necessaria una rapida e strutturale revisione dell’organizzazione della didattica, non solo universitaria, con la quale si arrivi alla laurea in ingegneria o in architettura a un’età tale da permettere l’ingresso a 24 anni e non più a 30. Un altro elemento su cui è necessario porre massima attenzione sono i termini di pagamento. Poiché gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti operano con una contabilità per cassa, va subito chiarito che è avvantaggiato chi abbia un incarico riscosso in un anno di 20.000 euro e un analogo nell’anno successivo rispetto a chi abbia un incarico biennale riscosso al secondo anno, di pari importo totale, cioè 40.000 euro. In altri termini, con il sistema a ripartizione contributiva meglio un uovo oggi che la gallina domani! A parte la lievità dell’assunto, va sottolineato che il problema dei pagamenti diventa ancor più essenziale di quanto lo fosse prima. Un terzo elemento di attenzione, che si accompagna col secondo, è la necessità non più trascurabile di disporre di una programmazione del mercato e quindi, visto dal lato del singolo professionista, della programmazione della sua attività. Tutto questo pone con forza la necessità di far parte di un sistema associativo sindacale che fornisca gli strumenti di tutela e controllo del mercato, di colloquio con la PP.AA. e con le autorità politiche. Inarsind, mettendo a frutto la sua storia fatta di 62 anni di attività, ha elaborato una proposta di riforma del sistema ordinistico che risulta concorde con la riforma che, autonomamente come doveva essere e deve restare, Inarcassa ha fatto in campo previdenziale. Eccone i punti salienti.

Inarsind propone  che l’ iscrizione all’Ordine sia riservata ai soli liberi professionisti e, in subordine, in un elenco separato, a tutti gli altri che potranno esercitare solo per gli enti di appartenenza se dipendenti pubblici, per nessuno, se docenti e per privati se dipendenti di aziende private e sempre previo consenso del datore di lavoro. Inoltre, propone la creazione di un Ordine unico regionale (per ridurre il numero e tenere conto della auspicata eliminazione delle provincie) di architetti e ingegneri; individuazione di compiti specifici per gli Ordini, come la tenuta dell’albo e rilascio delle le relative certificazioni; la partecipazione alla nomina delle commissioni deontologiche regionali (non in modo esclusivo); la valutazione e validazione dei programmi di formazione che dovrebbero essere tenuti da enti terzi. La formazione dovrebbe essere comunque facoltativa per la semplice iscrizione all’ordine e potrebbe essere invece obbligatoria per l’iscrizione volontaria alle associazioni di tipo tecnico-culturale.

In conclusione, i liberi professionisti hanno bisogno al più presto di una riforma vera, coraggiosa e realmente innovativa con norme che snelliscano l’eccesso della burocrazia e siano in grado di esaltare la qualità dei professionisti, che devono ogni giorno fare i conti con una concorrenza feroce, aumentata dopo l’abolizione dei minimi tariffari ma che in realtà è sempre esistita a causa del ‘sovraffollamento’ in tutti i settori”.

 Pietro Berna

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