Le lobby del quartierino

Ovvero come annullare ogni necessario contributo utile alla modernizzazione del paese e alle liberalizzazioni

E’ di questi giorni la notizia che 2400 emendamenti sono stati presentati in Commissione Industria del Senato sul decreto relativo alle liberalizzazioni . Un numero di per sé impressionante soprattutto se si tiene conto che i senatori sono “solo” 315.
Qualcuno sostiene che le lobby, soprattutto dei professionisti, sono venute allo scoperto con proposte senza mediazioni se non quella del Senatore che ha pazientemente raccolto ogni tipo di emendamento pensando alle prossime elezioni del 2013 e seguendo il motto “un emendamento non si nega a nessuno”. Ma tutte queste pressioni giovano davvero alla causa dei liberi professionisti? Porteranno ad un miglioramento di un decreto legge che è stato fatto in fretta per dare risposte all’Europa ma anche ad altre ben più potenti lobby? Quelle lobby che magari oggi non presentano emendamenti ma che già prima dell’insediamento del governo Monti avevano le idee chiarissime su come “acquisire” la parte di mercato professionale che nelle mani dei Confindustriali potrebbe ancora avere una suscettività economica. Mi riferisco chiaramente alle grandi industrie, le banche e le assicurazioni che, solo a fine ottobre, proponevano in un documento comune a gran voce l’adozione di soli 5 provvedimenti fra cui, al secondo posto, le liberalizzazioni (degli altri) come se quest’ultime potessero rappresentare un toccasana per l’economia italiana in crisi.

Il Governo Monti, nonostante le premesse, saggiamente, ha deciso di non fare grosse forzature limitandosi ad intervenire per lo più su questioni di principio come l’eliminazione delle tariffe (abolite nella sostanza 5 anni prima da Bersani) o imponendo un limite temporale al tirocinio, piuttosto che l’assicurazione obbligatoria o il preventivo a semplice richiesta del committente. Tutti elementi sostanzialmente anticipati dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 del precedente Governo. Questioni di principio che nella sostanza non modificano il lavoro dei “veri liberi professionisti”, almeno di quelli tecnici, visto che ad oggi per gli architetti e gli ingegneri il tirocinio non è neppure previsto, che nessun libero professionista pensa di intraprendere un lavoro senza un disciplinare, un contratto o un preventivo che stabilisca le prestazioni da rendere, l’onorario e le modalità di pagamento e che l’assicurazione, questa si troppo costosa e oggetto di sostanziale monopolio, è di fatto una necessità per l’esercizio di qualunque professione organizzata.

Questi nuovi obblighi però costituiscono un’ulteriore ostacolo per i giovani che, all’inizio della loro carriera, non hanno spesso la capacità di imporsi con il committente per quanto attiene l’aspetto economico, rischiano di subire un tirocinio senza un “equo compenso” e si trovano ad affrontare, con un modestissimo giro d’affari, l’ulteriore costo di una assicurazione per cui è necessaria una decisa azione di supporto almeno verso i giovani professionisti che per i primi 5 anni dovrebbero avere cospicue agevolazioni economiche. Inoltre l’eliminazione delle tariffe, anche solo come riferimento, mette di fatto in “crisi” il settore dei lavori pubblici perché non consente alle amministrazioni di stabilire a priori, neanche in forma presuntiva, i costi completi dell’opera lasciando ai singoli uffici tecnici l’onere (discrezionale?) di stabilire le competenze, fra l’altro senza l’obbligo di alcun criterio di qualità delle prestazioni da rendere. In sostanza si creano i presupposti di uno scenario di un mercato allo sbando non tanto per le opere private dove volendo è possibile lasciare tutto alla libera contrattazione (o meglio a delle convenzioni fra associazioni di liberi professionisti e associazioni di consumatori) ma per il settore pubblico che per sua natura ha necessità di riferimenti validi per tutti anche per evitare potenziali abusi.

Inoltre è necessario risolvere il vulnus creato dalla recente legge di stabilità che consente la formazione di Società tra Professionisti, anche di capitale, senza porre limite alla partecipazione di quest’ultimo, profilando situazioni nelle quali i Professionisti potrebbero essere componente minoritaria delle Società e quindi perdere la caratteristica fondamentale e irrinunciabile della Libera Professione: l’autonomia.

In questo clima rovente le professioni anziché unirsi e ragionare pragmaticamente sulle modifiche indispensabili da chiedere si sono divise pensando ognuna alle proprie peculiarità. Questa volta però c’è una novità: il Governo, nella fretta di produrre i provvedimenti e temendo le resistenze dei professionisti, ha praticamente evitato qualunque reale forma di concertazione con le categorie interessate stimolando di fatto gruppi di interesse composti anche di poche decine di professionisti a sollecitare i loro amici Senatori a presentare una valanga di emendamenti saltando financo le segreterie dei partiti. Molte proposte evidentemente sono con posizioni contrapposte con l’unico ovvio risultato che, probabilmente, il Governo sarà “costretto” a chiedere la fiducia eliminando di fatto, assieme ai molti emendamenti rappresentativi di interessi particolari, anche quelli utili e necessari per far funzionare davvero “con equità” le stesse liberalizzazioni.
Ci auguriamo che l’iter della prossima riforma sulle professioni, che dovrà concludersi entro l’estate, segua altri meccanismi partecipativi affinché un grande patrimonio di capacità tecniche e conoscenze, riconosciute ovunque ed ad ogni livello, non vada disperso consentendo ai Liberi Professionisti di dare all’Italia, come hanno sempre fatto, un importante contributo in termini culturali ed economici anche e soprattutto in questo periodo di crisi.

Salvo Garofalo

Allegato: Lettera di INARSIND al Presidente del Consiglio Sen. Mario Monti (PDF 197 KB)

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